Intervista a Adrian Oetiker

24 luglio 2021

La sua regolare presenza a Ticino Musica trova ogni anno una pronta risposta di giovani musicisti che accorrono per studiare con lei. Come li indirizza nel percorso professionale alla ricerca di un proprio posto nel mondo della musica, particolarmente difficile per i pianisti?

Se ci fosse una ricetta per questo, pagherei anche profumatamente per averla! È davvero molto difficile - e molto diverso per ciascuno - trovare la propria strada nel mondo della musica. Ritengo che il mio compito sia innanzitutto quello di fornire gli strumenti migliori a questo scopo – e si tratta di strumenti puramente musicali. Mi ostino a credere che sia possibile trovare una posizione soddisfacente nel meraviglioso mondo della musica, attraverso l’ottimizzazione delle capacità personali e della fiducia in esse.  Ovviamente anche marketing e affini fanno parte di questo processo di realizzazione (ma non è una novità, è sempre stato così), ma su questo mi ritengo pessimo, dunque non posso essere di grande esempio

Come ha invece vissuto lei il percorso che l’ha condotta dalla formazione alla professione ed in che modo sono stati determinanti i suoi maestri nel suo processo di realizzazione, sia come interprete che come didatta?

I miei insegnanti erano molto diversi da me: loro mettevano sempre tutte le uova nel paniere, mentre io, quando ero giovane, tendevo a concentrarmi sulla versatilità, qualità che ancora oggi mi apre diverse porte. Tuttavia, è stata naturalmente questa concentrazione sull'essenziale che ho recepito dai miei insegnanti e che voglio a mia volta trasmettere ai miei studenti.

Schubert e Liszt: due giganti dell’800. Quali sono i punti di contatto e di divergenza tra i rispettivi pianismi? In che relazione si pongono i brani da lei scelti per il recital a Ticino Musica?

Di primo acchito, Schubert e Liszt sono decisamente opposti. L'uno infinitamente intimo, timido, l'altro un famoso virtuoso, un estroverso uomo di mondo. È proprio per questo che le somiglianze sono così affascinanti: l'intensità del momento, il linguaggio incredibilmente personale e quindi l'intransigenza musicale. Ed è proprio questo che conta.

Il pianista è, tra i musicisti, una delle figure più solitarie, sia nella fase di preparazione, sia per quel che concerne il momento dell’esecuzione sul palcoscenico. Come vive questa dimensione?

Questa è solo una parte della vita del pianista. L'altra parte è la musica da camera: in fin dei conti, molti musicisti non vanno molto lontano senza pianisti... Inoltre i pianisti sono sempre al centro di reti musicali ed hanno infinite possibilità di comunicare musicalmente con tutti i diversi tipi di artisti (compresi ballerini, scrittori, pittori, ecc.). E nel mio caso, c'è anche l'insegnamento. Quindi come pianista puoi anche essere molto bravo da solo, ma poi hai tutto il mondo per te!