Intervista a Giovanni Gnocchi

26 luglio 2020

L’ensemble di violoncelli: che ruolo occupa nella formazione di un violoncellista e che possibilità offre da un punto di vista sia tecnico che musicale? 

In generale suonare insieme è più utile rispetto al fare una lezione individuale. Inoltre, siccome il mestiere sta nel suonare in pubblico, la possibilità di condividere questa esperienza con i propri studenti è un modo per mostrare al 100% come si fa il mestiere stesso: si sale sul palco con lo stesso ruolo, si fanno le prove insieme, ci si ascolta e soprattutto si applica in maniera pratica e concreta quello che a lezione si fa in maniera più teorica. C’è poi un ulteriore vantaggio: ciascuno può confrontare “sul campo” il proprio suono non solo con quello dell’insegnante, ma anche con quello del compagno seduto a fianco e degli altri 8 o 9 componenti dell’ensemble. Questo confronto dà a ciascuno una consapevolezza del proprio modo di suonare, nel bene e nel male.
Dopo quasi una settimana a Ticino Musica ci può dire quali sono le sue impressioni sul Festival?

È un vulcano di iniziative! E chissà com’era quando non c’era il Covid! La cosa bellissima è che ci sono concerti tutti i giorni, più di un concerto al giorno. E mi ricollego al discorso di prima: il mestiere è quello di suonare e qui un ragazzo ha la possibilità di sperimentarlo. Mi è capitato più volte di dire ai miei studenti che la vita vera è sul palcoscenico. Spesso quando si deve suonare all’aperto e c’è un po’ più umido, o quando l’acustica è diversa e non ci si sente bene sul palcoscenico c’è una sorta di “shock” e ci si lamenta per le condizioni difficili: tuttavia sono queste le condizioni della vita reale del musicista, quella dell’aula in cui si fa lezione non è la vera condizione del professionista. Quindi ribadisco: 1000 punti a Ticino Musica per il fatto di organizzare così tanti concerti, oltre al fatto di creare un grande scambio tra le varie classi.

Solista, docente, spalla, camerista: la sua è una figura poliedrica. Ci sono altri campi in cui vorrebbe spaziare in futuro?

Mi piacerebbe imparare un po’ la viola da gamba, ci ho pensato in particolare durante il lockdown. Un’altra cosa che quando ho occasione faccio molto volentieri è il concertatore (ma non il direttore, è una coda ben diversa) con gruppi anche più grandi dell’ensemble di violoncelli, conducendo e costruendo le prove e di conseguenza il concerto dal primo leggio dei violoncelli. Per il resto non sento il bisogno di “esondare” in altri campi dell’attività, poiché ci sono ancora tante cose che non ho fatto: tanto repertorio che non ho studiato e tanti colleghi bravi con cui non è ancora capitato di far musica insieme.

Gli studenti escono dalle sue lezioni quasi “incantati”. Ci può parlare del suo metodo didattico?

Posso dire che da studente ne ho passate tante, per un certo periodo in situazioni molto difficili, senza insegnante, mandato qua e là un po’ allo sbaraglio. Mi ricordo esattamente cosa vuol dire studiare e costruire le cose da zero, quindi semplicemente cerco di condividere con i miei studenti le cose che ho imparato.

I concerti a Ticino Musica sono per lei le prime performance post-Covid. Che emozioni sta provando?

Già soltanto il fatto di fare musica da camera con i colleghi - instaurando uno scambio di opinioni dal vivo e sentendo il suono di altre persone oltre al proprio - è una cosa che rigenera. Di nuovo torno al discorso iniziale: la vita vera è sul palcoscenico. Personalmente ho riservato e riservo molto tempo all’insegnamento, ma tutto questo deve essere sempre propedeutico a qualcosa che succede sul palcoscenico e forse le vere lezioni hanno luogo durante le prove di musica da camera o durante i concerti. Il grande Salvatore Accardo diceva che se un musicista riesce a studiare durante il concerto “allora è fatta”. Ed è vero. Se un musicista riesce con lucidità a “rialzarsi” anche quando durante un concerto capitano dei piccoli incidenti, allora la performance è davvero la piena realizzazione di tutto il percorso che l’ha preceduta.