Intervista a Calogero Palermo

23 luglio 2019

Cosa la spinge da 3 anni a tornare sempre a Ticino Musica nonostante i già numerosissimi impegni che occupano la sua agenda?
Il fatto che qui si lavora bene. Ticino Musica è un festival estremamente organizzato dove non solo gli artisti, ma anche gli studenti sono messi nelle condizioni di stare bene, di poter lavorare con tranquillità, con la giusta disponibilità di spazi e tutti gli elementi per trascorrere ogni giornata serenamente.

Il suo successo come docente si riflette nei traguardi raggiunti dai suoi studenti. Cosa si prova nel vedere un proprio allievo avere successo a livello internazionale?

Grande soddisfazione, con tuttavia una percentuale non indifferente di tensione, come se fossi io stesso il candidato. È molto bello riconoscere nella sua performance alcuni elementi di cui abbiamo discusso insieme, constatando che sono stati messi a frutto. Ma soprattutto, nell’ascoltare un allievo che si trova sul palcoscenico di un concorso importante, spesso seguito in diretta streaming da tutto il mondo, provo grande piacere per lui, al di là del risultato: la cosa fondamentale è che lui suoni così come gli piace. In questo modo è anche più facile accettare l’esito della giuria.

Quest’anno a Ticino Musica viene riproposto il progetto “Grandi maestri e giovani promesse”. Cosa impara il maestro dall’allievo in un simile contesto?

Per me un allievo che mi suona accanto è un professionista e come tale lo ascolto, senza necessariamente dirgli a priori cosa deve fare. Lo lascio andare e allora capita magari che sia lui stesso a suggerirmi una sonorità o un fraseggio che io, da maestro, mi trovo a seguire o imitare.

I brani che suonerà nel concerto del 26 luglio – il Trio Gassenhauer di Beethoven e il Quintetto di Rimsky-Korsakov – sono legati a particolari ricordi della sua carriera?

Non avevo mai suonato il Quintetto per pianoforte e fiati di Rimsky-Korsakov fino a che, al momento dell’esito del Concorso per il posto di primo clarinetto al Concertgebouw, i miei futuri colleghi mi dissero: “Quando prenderai servizio, sappi che dovremo suonare il Quintetto di Korsakov e il Sestetto di Poulenc!” Al Trio di Beethoven sono molto legato poiché l’ho suonato moltissimo, ai tempi in cui ero all’Opera di Roma, con collega violoncellista e la sua fidanzata, una pianista eccezionale prematuramente scomparsa. Dopo questo triste evento non l’ho più voluto suonare, poi ho deciso che era giusto riprenderlo, con un pensiero speciale per lei.